lunedì 1 febbraio 2010

CRIMINALITA ORGANIZZATA

APPUNTI DI LETTURA CIRCOLARE

Che cosa si intende con la dicitura "criminalità organizzata"? La nostra esperta di diritto (Francesca) illumina le nostre piccole menti con la seguente definizione: "Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere delitti ... "(art.416) . L'aggettivo "organizzata" non è casuale e serve a distinguere i crimini commessi da più persone in una singola occasione (i rapporti criminali occasionali), da quelli compiuti all'interno di uno schema criminale che esiste prima e dopo il singolo atto criminale.
P: In tale schema l'associazione nasce allo scopo di compiere crimini, non un crimine determinato ma tutto ciò che grazie alle competenze e alla inibizione morale dei componenti sarà possibile fare. Insieme e organizzati i criminali sono creatori di occasioni per far di sé se stessi.
S:La mafia è uno dei più eclatanti esempi di criminalità organizzata e Sciascia ci aiuta a capire la natura di questo fenomeno criminale ne' "I mafiosi" (rifacimento dei "Mafiusi della Vicaria" del 1863): "la mafia è una associazione per delinquere con fini di illecito arricchimento per i propri associati e che si pone come elemento di mediazione tra la proprietà e il lavoro; mediazione, si capisce, parassitaria e imposta con mezzi di violenza".
Ma quali sono le origini del fenomeno mafioso? In quale anno è nata la mafia? Non vi sono dubbi sul fatto che la mafia affondi le proprie radici nel brigantaggio, spinosa è invece la questione del quando sia nata, essendo infatti difficile distinuguere l'esatto momento in cui le bande di briganti cessarono di essere tali per costituirsi in cosche mafiose. Tuttavia il fenomeno ha forte radicamento nella società di alcune regioni italiane (tanto da rappresentare una sorta di stato nello stato) e le istituzioni, per incapacità, negligenza o peggio interesse, non sono mai riuscite a sopprimerla. La mafia si è quindi sviluppata in due dimensioni: nello spazio, allargando sempre più il proprio raggio d'azione (tanto che oggi il termine "mafia" è sinonimo di "criminalità organizzata" in molte lingue); e nel tempo, evolvendo nel corso della storia insieme alla società che la ospita. Nella disperata ricerca di un punto d'appoggio su cui le autorità e lo stato potrebbero far leva per scardinare i meccanismi mafiosi, ci si chiede: perché la popolazione non si muove contri chi la vessa? In altre parole, la popolazione accetta di buon grado le angherie della "boss" di zona? oppure no? La questione non è semplice da dirimere e di fatto non si è giunti a un punto fermo: alcuni sostengono una generalizzata accettazione della violenza mafiosa, altri, evidenziando proprio questi modi violenti con cui il potere mafioso si impone alla popolazione, propendono per una silenziosa sopportazione delle sofferenze fisiche e psicologiche. Tuttavia bisogna sempre tener presente la citazione di cui sopra: la mafia "si pone come elemento di mediazione tra la proprietà e il lavoro" e il lavoro è l'unico mezzo di sostentamento di molti; la popolazione sopporta per interesse, o forse sarebbe meglio dire, per campare.
Ma la violenza della mafia non è solo imposta, è oramai connaturata alle culture di cospicue parti del territorio nazionale. Intere generazioni di siciliani, calabresi, campani, come anche larghe fette di società nei grandi centri urbani, sono state educate alla violenza sin dalla prima infanzia. E proprio sul tema della violenza, del libero arbitrio, e dell'educazione per una civile convivenza tra gli uomini, si innesta la riflessione di Chiara che argomenta facendo sue le riflessioni esposte da Anthony Burgess in "Arancia Meccanica": dov'è la sottile linea di confine tra educazione ed indottrinamento? L'educazione dei giovani può essere intesa come tentativo di condizionamento del naturale comportamento umano al fine di una pacifica (o peggio "quieta") integrazione tra simili. E il libero arbitrio?! Possiamo allora dirci realmente liberi? Oppure siamo liberi soltanto all'interno del recinto che ci è stato imposto (e che alcuni - criminali, pazzi, deviati, diversi... -, trovandolo angusto, travalicano)? Insomma: aveva ragione Rousseau, secondo cui l'individuo deve auto-educarsi attraverso l'esperienza diretta? Oppure lo stato, la società, la scuola hanno il dovere di educare ed insieme trasmettere un codice comportamentale prestabilito? All'oneroso quesito non è possibile rispondere e la discussione prosegue altrove.
Marco, conducendoci tra le pagine de "La Famiglia Winshaw" di Johnatan Coe, ci mostra che la criminalità organizzata non è solo quella che compie crimini efferati; a volte si infila, sinuosa e sibillina, tra le pieghe della buona società. La storia della famiglia Winshaw esemplifica uno schema di criminalità organizzata di natura completamente differente da quello mafioso; i "criminali" in questo caso non sono di bassa estrazione sociale e il loro obiettivo non è quello di controllare i flussi di denaro all'interno di un quartiere, un paese o al limite un'intera città. Il potere dei Winshow e ben più vasto e spazia dalla politica, ai media, al diritto e all'editoria; una sorta di piovra che insinua i suoi tentacoli in tutti gli aspetti della vita pubblica e civile di un paese. ...sarà, ma questa storia ci sembra di averla già sentita.
E cosa succede allora quando il fenomeno criminale sale ancora più in alto? quando travalica i confini di stati e nazioni sotto le mentite spoglie di multinazionali che propagandano progresso e sviluppo, ma il cui unico reale intento è sfruttare le risorse di interi continenti? Ce lo racconta Paolo attraverso le parole di Manuel Scorza in "Rullo di Tamburi per Rancas". Gli indigeni assistono impotenti all'arrivo di vagoni carichi di pali e filo spinato; guardano crescere "il recinto" stupiti; non capiscono che quella recinzione, inizialmente posta a protezione dei territori usurpati dalla avida multinazionale straniera, finiranno per segregarli in porzioni di territorio sempre più piccole e
anguste.
Alla fine di questo percorso, che dal micro (le piccole comunità del Sud dell'Italia di inizio '900) ci ha condotti al macro (i colossi industriali del ricco occidente che saccheggiano le risore dei paesi poveri), siamo forse riusciti a raggiungere un più alto grado di coscienza su alcune forme di criminalità organizzata. Tuttavia il mondo del crimine è, e sarà sempre, sfuggente; perché nel momento in cui lo si comprende, esso è già mutato in qualcosa di nuovo, di diverso. E a noi non resta che inseguirlo e tentare di acciuffarlo di nuovo.

il Signor S.

CRIMINALITA ORGANIZZATA

INCONTRO DEL 24 GENNAIO
INTERVENTO DI SIMONE
"Una Storia Semplice", Leonardo Sciascia.
Sabato sera. Vigilia della "rutilante e rombante festa" di San Giuseppe falegname. Un'improvvisa telefonata rompe la quiete del commissariato e il brigadiere, con già il cappotto in mano, adempie con zelo al suo dovere: alza la cornetta del telefono e annota su un foglio che il signor Giorgio Roccella, rientrando nel suo villino in campagna dopo anni di assenza, ha trovato in casa una "cosa" assolutamente inaspettata. Il commissario incuriosito chiede al suo sottoposto chi fosse al telefono e rimane sorpreso nell'udire il nome di quell'ex-dilomatico in pensione, ultimo rampollo di una numerosa e opulenta famiglia oramai estinta. L'indomani, nonostante il giorno di festa, il brigadiere insieme a altri due agenti fanno un sopralluogo al villino. Da una imposta aperta scorgono la sagoma di un uomo seduto a una scrivania e riverso in avanti. Ipotizzando un improvviso malore, i tre infrangono i vetri ed entrano. "Ma l'uomo era morto, e non per sincope o infarto; nella testa che poggiava sulla scrivania, tra la mandibola e la tempia, era un grumo nerastro." A prima vista tutto farebbe pensare ad un suicidio, ma questa è una storia tutt'altro che "semplice", come ironicamente allude il titolo. La vicenda si svilupperà in modo imprevisto, e il lettore, nel corso delle indagini, scorgerà uno scenario malavitoso molto più esteso. La sapiente scrittura di Sciascia è perfetta metafora della società e delle atmosfere siciliane; luoghi in cui la verità non si palesa mai frontalmente, ma obliquamente e solo a sprazzi, come spiata dal buco della serratura; le capacità linguistiche dell'autore sono tali per cui nel testo non sono mai presenti le parole mafia e droga, anche se è evidente che di questo si tratta. Il fenomeno mafioso dilaga come metastasi della società siciliana, un fenomeno in cui pochi sono i criminali ma moltissimi i collusi, i fiancheggiatori e gli omertosi; perché il vero dramma non è il nero che è al centro, ma la sconfinata zona grigia che lo circonda.

giovedì 28 gennaio 2010

CRIMINALITA ORGANIZZATA

INCONTRO DEL CIRCOLO LETTERARIO DEL 24/01/10
INTERVENTO DI FRANCESCA
Approfondimento sul significato tecnico di criminalità organizzata a partire dalla differenza rispetto al concorso di persone nel reato. Analisi della "nostra" criminalità organizzata, la mafia, attraverso "il contesto" e "i mafiosi" di Sciascia (rifacimento dei "mafiusi della vicaria" 1863). Citazione: la mafia è una associazione per delinquere con fini di illecito arricchimento per i propri associati e che si pone come elemento di mediazione tra la proprietà e il lavoro; mediazione, si capisce, parassitaria e imposta con mezzi di violenza.

lunedì 25 gennaio 2010

CRIMINALITA ORGANIZZATA

INCONTRO DEL CIRCOLO LETTERARIO DEL 24/01/10
INTERVENTO DI MARCO
LA FAMIGLIA WINSHAW
di Johnatan Coe

La storia è la vicenda dello scrittore Micheal Owen, il quale, incaricato di pubblicare una biografia della potente famiglia inglese dei Winshow, ne scopre a poco a poco la natura disonesta, mistificatice e arrivista, che manipola la vita pubblica (e privata) dell'Inghilterra negli anni '80 e '90. Le sue vicende personali, i ricordi della sua infanzia e persino il suo destino sembrano convergere, per una serie di incredibili coincidenze, con quelle della famiglia stessa, della quale diventerà l'unico involontario ma consapevole antagonista.

Opera d'esordio dell'autore, a metà fra il romanzo e l'inchiesta, forte e commovente, monumentale ed elaboratissima nell'intreccio, nella caratterizzazione psicologica e nella ferrea documentazione storica, La famiglia Winshaw si pone all'attenzione anche per il suo più evidente messaggio politico: quello di un terribile monito nei confronti dei poteri forti, nazionali o sovranazionali che siano, i quali, lontani da ogni evidenza, sanno conquistare i posti-chiave per imporre senza clamori il loro sotterraneo dominio, e, sfruttando senza alcuno scrupolo morale i deboli e gli indifesi, stabiliscono un turpe ma redditizio stile di vita, che si configura come una moderna e inquietante forma di organizzazione criminale a scopo di lucro.

Marco

domenica 24 gennaio 2010

CRIMINALITA' ORGANIZZATA

Incontro sui modi in cui le persone si mettono d'accordo e usano tutte le proprie capacità per nuocere agli altri.